PERCHÉ SI MANGIA TROPPO

Il nostro organismo è una macchina perfetta, programmata per preservare la nostra salute e salvaguardare la vita.

Un complesso sistema di regolazione consente di mantenere il nostro corpo nella migliore forma possibile. Tra questi ne esiste uno deputato ad equilibrare il livello della glicemia, ovvero la concentrazione di glucosio disciolto nel sangue. Quando c’è abbondanza di glucosio il nostro organismo si adopera per immagazzinare quello in eccesso sotto forma di grasso; quando c’è carenza cerca di conservarlo il più possibile, prelevando i grassi dalle scorte e utilizzandoli come fonte energetica.

ll meccanismo di regolazione della glicemia è basato sul controllo di due ormoni antagonisti: l’insulina e il glucagone.

L’insulina è un ormone ipoglicemizzante, cioè abbassa i livelli di glicemia nel sangue, mentre il glucagone, al contrario, li alza. Dopo un pasto abbondante, aumentano i livelli di zucchero nel sangue, e la glicemia sale. Il nostro organismo reagisce prontamente con una maggiore secrezione di insulina, la cui azione riporta alla normalità i livelli di glicemia. A sua volta, un abbassamento dei livelli di glicemia stimola la secrezione del glucagone che con la sua azione riporta la glicemia a valori normali.

Questo meccanismo diventa “perverso” quando viene secreta troppa insulina; in questo caso la glicemia si abbassa troppo e il cervello va in allarme, perché a differenza dei muscoli, non ha la capacità di immagazzinare il glucosio ematico, che è la sua unica fonte di rifornimento per sopravvivere. Dopo solo pochi minuti di assenza di glucosio, infatti, le cellule celebrali iniziano a morire. Se il livello di glicemia si abbassa troppo il cervello invia all’organismo gli stimoli per introdurre nuovo combustibile, provocando la sensazione della fame cosiddetta “nervosa” che richiede l’immediata introduzione di cibo ad alto indice glicemico. Una sensazione che si ha l’impressione di non poter contrastare perché parte dal nostro cervello e per questo motivo viene spesso a torto ritenuta di origine psicologica.

Inoltre, l’aumentata richiesta di insulina porta a lungo andare ad un progressivo declino funzionale delle cellule ß del pancreas (deputate alla produzione di insulina) con aumento della glicemia a digiuno (IFG), e sono queste le basi per la comparsa del diabete di tipo II.

La quantità d’insulina secreta dal pancreas dipende dalla velocità con la quale s’innalza la glicemia. Questa velocità deriva da due fattori: la quantità e l’indice glicemico dei carboidrati che introduciamo nel nostro organismo.

Se assumiamo carboidrati ad Alto Indice Glicemico (AIG), la glicemia subisce un brusco innalzamento, viene secreta una quantità notevole d’insulina che causa una altrettanto brusca diminuzione della glicemia. In una situazione di questo tipo la voglia incontrollabile di alimenti AIG sopraggiungerà presto. Se, al contrario, ingeriamo carboidrati a basso indice glicemico (pasta e riso integrale), il livello di glicemia s’innalza gradualmente, viene secreta una quantità normale d’insulina e non si scatena questo ciclo perverso.

Esiste una diversa reazione individuale alla quantità d’insulina secreta dal pancreas, ma in ogni caso è consigliabile per tutti evitare il più possibile carboidrati AIG preferendo quelli a basso indice glicemico. Per scongiurare il rischio di abbuffate è consigliabile anche mangiare almeno 5 volte al giorno.

Spesso, tendiamo a confondere carboidrati e zuccheri come fossero sinonimi. Fanno parte entrambi del macrogruppo dei Glucidi ma, mentre tutti gli zuccheri sono anche carboidrati, non tutti i carboidrati sono zuccheri.

Come abbiamo visto sopra,  con l’assunzione degli zuccheri semplici ad alto indice glicemico, si verifica un immediato picco nella quantità di insulina prodotta dal pancreas; questa abbassa repentinamente la glicemia, per cui compare di nuovo lo stimolo della fame e inizia un circolo vizioso di continua richiesta di cibo da parte dell’organismo, soprattutto di carboidrati e dolci.

Ma ancora più pericolosi per la nostra linea e la nostra salute sono gli zuccheri raffinati.

Lo zucchero raffinato è il prodotto finale di una lunga trasformazione industriale che uccide e sottrae tutte le sostanze vitali e le vitamine presenti nella barbabietola o nella canna da zucchero. Il colore bianco ottenuto è accattivante ma essendo privo di sostanze nutritive fornisce esclusivamente un apporto calorico e quel sapore dolce che inconsciamente tendiamo a ricercare negli alimenti.

Un eccessivo consumo di zucchero raffinato comporta seri problemi di salute: obesità, scompensi cardiaci, varie forme di cancro, peggioramento delle capacità cerebrali e, soprattutto, diabete.

A livello intestinale, lo zucchero bianco super-raffinato, provoca processi fermentativi con produzione di gas e tensione addominale, oltre all’alterazione della flora batterica con tutte le conseguenze che comporta, come colite, stipsi, diarrea.

Un sintomo comune del processo intestinale legato agli zuccheri  è il fastidioso senso di gonfiore e pesantezza che si avverte dopo aver mangiato dolci elaborati industriali ricchi di zucchero, o alla fine di un pasto abbondante.

Recenti studi scientifici hanno dimostrato che l’eccessivo consumo di zucchero raffinato può creare una vera e propria forma di dipendenza, come avviene con la droga, la nicotina e gli alcolici e hanno riscontrato un forte legame con malattie mentali come la depressione e la schizofrenia.

La ben nota sensazione di “appagamento” generata dal consumo di cibi dolci è dovuta, infatti, alla produzione di alcuni oppioidi endogeni nel nostro sistema nervoso. Gli ormoni e i neurotrasmettitori attivati sono esattamente gli stessi messi in moto da molte droghe. Quando si assume una sostanza in grado di produrre dopamina, il cervello ne trae piacere e ne chiede ancora, ma per via della tolleranza che si innesca in breve tempo, la richiesta diventa sempre maggiore. Il saccarosio sarebbe in grado di indurre effetti psicoattivi – quali l’abuso e i desideri impulsivi – sovrapponibili, se non superiori, a quelli di altre sostanze stupefacenti

L’industria alimentare per la produzione di cibi e bevande fa un largo uso di zucchero raffinato, saccarosio e fruttosio, provocando comportamenti di ricerca compulsiva di cibi dolci e di sovra-alimentazione, rendendo così più facile l’emergere di patologie quali l’obesità.

Dolciumi industriali ricchi di dolcificanti artificiali, barrette dolci, bevande zuccherate, energy drinks e in generale gli alimenti chiamati “junk food” (cibo spazzatura) vengono purtroppo consumati anche dai bambini dando origine a disturbi alimentari quali il binge eating (mangiare compulsivo) e provocando una dipendenza che può durare tutta la vita.

Spesso il consumatore è portato a credere che l’alimento sia privo di zuccheri aggiunti perché i produttori di alimenti ne impiegano molte varianti, come glucosio, destrosio, fruttosio, sciroppo di glucosio-fruttosio, maltodestrine. Molti alimenti confezionati insospettabili li contengono, persino quelli salati. Nei minestroni, zuppe e sughi pronti lo zucchero viene usato spesso come addensante; alcuni tipi di prosciutto cotto, mortadella e wurstel destinati al confezionamento, che si trovano nel banco frigo, contengono zuccheri aggiunti nella fase di produzione. Ma anche cereali e pane in cassetta, maionese, ketchup e condimenti vari, bevande gasate e succhi di frutta, verdure surgelate, yogurt e formaggi “light”, panature, cotolette, pesce gratinato, verdure impanate, hamburger e patatine fritte.

L’industria alimentare mira a rendere desiderabili i suoi prodotti, puntando in generale sulla loro palatabilità. La palatabilità, a sua volta, innesca nell’organismo meccanismi di piacere e appagamento, che creano un circolo vizioso e spinge le persone ad assumerne sempre di più.

Oggi gli abitanti dei Paesi più ricchi vivono in un ambiente che offre una costante abbondanza di cibo e di fonti di calorie. Gli impulsi che spingono a preferire cibi più calorici sono gli stessi dei nostri antenati, quando dovevano prepararsi ai periodi di “magra”. I meccanismi biologici di controllo del bilancio energetico continuano a funzionare come quando le carestie mettevano a rischio la sopravvivenza. Nei secoli passati c’era una periodicità nella quale si alternavano carestie e fasi di abbondanza durante le quali la specie umana faceva scorta di energia.

Anche quando non c’erano vere e proprie carestie, la stessa ciclicità delle stagioni faceva sì che ci fosse maggiore disponibilità di cibo in primavera e in estate e il peso delle persone variava di conseguenza.

Allo stesso modo i meccanismi psicologici che influiscono sull’assunzione degli alimenti non si sono evoluti ad una realtà, come quella attuale, nella quale l’accesso al cibo è ininterrotto e viene promosso con martellante insistenza. Gli alimenti ad alta densità energetica sono, nella maggior parte dei casi, anche i più palatabili.

Appare evidente, quindi, che per non incorrere in dipendenza da cibo occorre consumare alimenti quanto più possibile naturali ed evitare quelli confezionati e quelli ad Alto Indice Glicemico.

Nel 2003 è stata pubblicata una tabella aggiornata degli indici glicemici, “International table of glycemic index and glycemic load values”

Tra i cibi con basso indice glicemico, abbiamo il salmone, i legumi, alcuni tipi di frutta, la cannella e la curcuma, le carni bianche, e l’olio extravergine d’oliva.



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