Tornare indietro nel tempo? No, grazie. Ho già dato.

Se oggi mi comparisse davanti la fata turchina — o, che so, il genio della lampada in persona — e mi proponesse di tornare indietro nel tempo, senza tranelli, senza condizioni, senza dover cedere la mia anima a Belzebù o a qualche altro squallido intermediario infernale… insomma, una specie di super‑jackpot della lotteria del destino… beh, direi di no. Sì, proprio così: un bel “no grazie, passo”.
E la cosa buffa è che questa consapevolezza mi ha sorpresa più di quanto mi sarei aspettata.

Ho riflettuto a lungo: davvero non vorrei riprendermi i miei trent’anni, riscrivere la mia vita, correggere gli errori, magari commetterne di nuovi? L’idea di rimettere piede in quel film già visto non mi entusiasma affatto. Ho provato a immaginarmi: di nuovo alle prese con l’ex marito (no comment), con il lavoro, con le frustrazioni, con il calendario mensile puntuale come una tassa, gli sbalzi d’umore e la tensione sempre pronta a bussare. Ma davvero? No grazie.

Poi ho pensato a mia figlia. Certo, mi piacerebbe rivederla piccola, così adorabile com’era! Spesso mi tormenta il pensiero di non essermi goduta abbastanza la sua infanzia, schiacciata com’ero tra impegni, mutui e corse contro il tempo. Ma, a ben pensarci, le cose non sarebbero cambiate. Anzi, se avessi deciso di investire di più sulla carriera, probabilmente avrei avuto ancora meno tempo per lei. No, va bene così. Ho già dato, come si suol dire.

E poi, dopo aver cresciuto mia figlia, i genitori anziani da accudire. Li vorrei ancora accanto, certo, e mi mancano ogni giorno. Ma restano con me, nel cuore e nella memoria, e questo è nella natura delle cose.

Adesso, paradossalmente, vivo quella che considero la stagione più soddisfacente della mia vita. Altro che “terza età”: io la chiamo la mia “età libera”. È più spensierata persino dell’adolescenza — perché allora c’erano sì le feste e gli amori, ma anche compiti, esami, l’università, la caccia al lavoro.

La mia vita da pensionata è tutt’altro che monotona. Sono piena di impegni, ma sono tutti scelti da me: scrivere, leggere, dedicarmi a quello che mi appassiona davvero. Una volta dovevo elemosinare minuti per scrivere: rubarli al sonno, al lavoro, alla cena da preparare di corsa. Oggi, se voglio, posso immergermi nella scrittura o finire di leggere un romanzo in un solo giorno, senza che nessuno venga a ricordarmi che “ho dei doveri”.

Ho scoperto di possedere il bene più prezioso al mondo: il tempo. Finché la salute regge, posso finalmente dire di vivere la vita che volevo. E, ciliegina sulla torta, a fine mese arriva pure la pensione: praticamente lo stesso importo che guadagnavo lavorando dieci ore al giorno, solo con meno malumori.

Mia figlia è ormai una donna, con la sua vita. Non devo più chiedermi se la sto educando bene, se la sto preparando adeguatamente al futuro che l’attende: quel lavoro è fatto. E, tutto sommato, credo di non aver sbagliato poi così tanto se oggi è la donna straordinaria che è.

Nipotini? Non ne ho. E, lo confesso, non ne sento la mancanza. Forse sembro egoista, ma la verità è che non mi sento pronta. Sto vivendo la mia sessalescenza — sì, avete capito bene, la nuova adolescenza dei sessantenni e dintorni, con il mio nuovo compagno (non è mai troppo tardi). Siamo noi, i “diversamente adolescenti”, quelli che hanno ancora voglia di scoprire il mondo e, soprattutto, di scoprire sé stessi. Solo che adesso lo facciamo con la libertà che a vent’anni ci era stata negata.

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