Fu un decennio di libertà, di trasgressione, di lotte politiche, ma anche di grande creatività in tutti i campi.
Indubbiamente i nati tra il 1945 e il 1965, i cosiddetti baby boomers, hanno potuto godere di una giovinezza particolarmente esuberante e vitale sotto molti punti di vista.
Cresciuti in pieno boom economico, sono spesso definiti la generazione del cambiamento. Hanno infatti vissuto e partecipato attivamente a rivoluzioni epocali che hanno profondamente cambiato l’assetto politico, economico e sociale del mondo occidentale.
Lo sforzo dei genitori di offrire ai figli una vita migliore di quella che avevano conosciuto, segnata dagli stenti e le privazioni della guerra, aveva contribuito al raggiungimento di un benessere economico e sociale mai conosciuto prima, instillando nella generazione nata nel dopoguerra un ottimismo intrinseco e la convinzione che ogni traguardo fosse raggiungibile.
Un elemento caratterizzante di quel periodo era la fede nella forza del gruppo per affrontare e superare qualsiasi sfida. La condivisione di un ideale o di una causa comune servivano a cimentare l’amicizia, la coesione e la solidarietà. Non c’era spazio per l’individualismo cui tendono oggi le nuove generazioni.

Era l’epoca delle “comitive” in cui i ragazzi si riunivano e decidevano insieme ogni attività; si organizzavano feste in casa tra amici anziché andare in discoteca, alcuni giovani andavano a vivere nelle “comune” basate sui principi dell’autogestione e della vita in armonia con la natura, dove condividevano tutto, nascevano movimenti giovanili ispirati alla Beat Generation degli anni cinquanta, che rifiutavano il conformismo delle norme imposte dalla società.

Fu un periodo storico caratterizzato da un attivismo politico studentesco senza precedenti, che portò alle rivoluzioni del ’68. Da una parte gli hippies e i pacifisti che predicavano l’amore libero e si opponevano alla guerra in Vietnam, dall’altra i fautori della ribellione violenta per combattere il potere.
Il sessantotto fu un grande momento di aggregazione, in cui giovani di diverse nazioni irruppero con forza sulla scena politica, cambiando il corso della storia.
Il movimento nacque intorno alla metà degli anni sessanta negli Stati Uniti, dove si svolgeva la lotta per i diritti civili e per l’abolizione della segregazione razziale, guidata da Malcom X e Martin Luther King, assassinato a Memphis nel 1968.
La protesta si diffuse poi in Europa, soprattutto in Francia e in Italia, raggiungendo l’apice con il maggio francese.

Le manifestazioni studentesche, che inizialmente furono sottovalutate da stampa e politica, costituirono anche la miccia per accendere le proteste degli operai, coloro che dal boom economico non avevano ottenuto miglioramenti significativi sia in termini finanziari sia di diritti. Le proteste sfociarono in mesi di scioperi e agitazioni, spesso caratterizzate da scontri violenti con le forze dell’ordine. Nelle scuole occupate e nelle università si svolgevano animati dibattiti sulla dittatura del proletariato teorizzata da Marx e Engels, i giovani guardavano alle storiche rivoluzioni d’oltre oceano cercando miti cui ispirarsi, come quello di Che Guevara.

Più di Lenin, più di Mao, più di Stalin, Ernesto Guevara, diventato definitivamente il “Che”, fu il simbolo del ’68, almeno nella sua componente libertaria. Perché il “Che” rappresentava un esempio pressoché unico nel mondo moderno dominato dal cinismo, dall’egoismo, dal dominio del Dio denaro, di un uomo che non solo aveva combattuto il potere ma lo aveva disprezzato al punto tale da abbandonarlo per inseguire un sogno, pagando con la vita. Con i suoi ideali, con il suo agire totalmente disinteressato, nobilitava la rivoluzione e legittimava la guerriglia perpetrata per una giusta causa.
Gli anni ’70 videro anche il diffondersi dei movimenti femministi. La minigonna, creata nel 1963 da Mary Quant, divenne un simbolo di emancipazione della donna, la pillola contraccettiva messa in commercio permise alle donne di controllare la propria fertilità in modo facile, discreto e soprattutto autonomo. In Italia le donne rivendicavano diritti ancora negati, come il divorzio e l’aborto ma si battevano anche per modernizzare il diritto di famiglia e rimuovere dal codice penale l’odioso delitto d’onore.
La lunga stagione delle lotte politiche, che durò quasi 10 anni, dal 1968 al 1977, ebbe un carattere vario e composito, fatto di fantasia e ideologia, di energia giovanile e di illusioni, di violenza ma anche di impegno e di generosità.
La Musica
La musica svolse un ruolo fondamentale nel dare voce alla protesta giovanile.
Bob Dylan aveva dato origine, all’inizio degli anni ’60, alla figura del cantautore impegnato che vedrà molti emulatori in Italia. Le sue “canzoni di protesta”, “Blowin’ in the wind”, “A hard rain’s a-gonna fall”, “Masters of war”, esercitarono una notevole influenza sulla gioventù di allora. In Italia, le sue canzoni furono tradotte da artisti come Fabrizio De Andrè, Francesco De Gregori, Massimo Bubola, Tito Schipa jr., Luigi Tenco, Mogol ed altri. Proprio Mogol, uno dei più grandi autori italiani di testi di canzoni che, insieme a Lucio Battisti, ha fatto la storia della musica leggera del nostro Paese, è stato uno dei primi a tradurre Dylan in Italia e in più di un’intervista ha riconosciuto l’enorme importanza avuta da Dylan nel cambiamento verificatosi negli anni ’60 nel panorama musicale e che ha profondamente caratterizzato la rivoluzione del concetto di canzone ed il metodo stesso di scrittura.

La storia narra che Dylan fu anche l’artefice del cambiamento di stile dei Beatles. Il loro primo incontro si svolse nel 1964 in un hotel di Manhattan e diede origine alla creazione di testi più impegnati da parte dei Beatles, avvicinandosi alle tematiche affrontate da Dylan. Nella biographia di Dylan si legge che lui li introdusse anche all’uso della marijuana.
Nel 1966 uscì “Revolver“, il settimo album del gruppo musicale britannico, dove si ritrovano, per la prima volta elementi di rock psichedelico che diventeranno predominanti nell’album “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dell’anno successivo, considerato unanimamente uno dei capolavori dei Beatles, nonché uno tra i dischi più importanti della musica pop.
Nella rivoluzione studentesca del ’68 erano confluiti fermenti di rivolta musicale, che culminarono nel leggendario festival di Woodstock del 1969.
L’evento denominato ufficialmente “Aquarian Exposition: 3 Days of Peace & Music”, si svolse a Bethel, New York. Fu il concerto più famoso della storia della musica leggera ma gli organizzatori stessi non avevano immaginato il successo che avrebbe avuto. Sul posto confluirono tra le 400 e le 500mila persone, in un contesto allestito per accoglierne meno della metà. Sul palco si esibirono quasi tutte le leggende della musica pop e rock dell’epoca: da Bob Dylan a Simon & Garfunkel ai Led Zeppelin ai Byrds, Joan Baez, Janis Joplin, Santana, Creedance Clearwater Revival, Joe Cocker e molti altri.

Il concerto di Jimi Hendrix, con indosso la giacca bianca con le frange e la fascia in testa, entrò nella storia della musica per la celebre versione dell’inno americano suonato con la chitarra elettrica, imitando i suoni delle bombe sganciate sul Vietnam.
Alla fine del festival si contarono due morti, uno per overdose e uno perché schiacciato accidentalmente da un trattore, e circa 4.000 persone furono soccorse per ferite, malattie o problemi legati all’abuso di alcol e droga.
Gli anni ’70 furono il periodo più fecondo e creativo per la musica contemporanea. Nacquero capolavori immortali che rispecchiavano vari generi musicali, dalla disco music al rock, dal country al blues. E’ quasi impossibile nominare tutti i grandi artisti che hanno costellato il firmamento della pop music di quel periodo.
Nato negli anni ’50 e ’60, il rock negli anni 70 raggiunge la sua piena maturità e diventa sperimentazione, complessità, strumento per esprimere messaggi importanti e per mettere in luce i difetti della società. I Rolling Stones costituiscono una pietra miliare nell’evoluzione della musica rock del XX secolo, avendo dato voce al malcontento e alla protesta di intere generazioni, espressi attraverso una sapiente miscela di rock e blues.
Il rock, a partire dagli anni ’70, si divide in vari sottogeneri, come lo psychedelic rock, portato ad elevati livelli di perfezione stilistica dai Pink Floyd. L’hard rock è sicuramente il derivato più grintoso che vede nei Deep Purple, AC/DC e nei Led Zeppelin gli esponenti maggiori. David Bowie fu il rappresentante del glam rock. Tra i rappresentanti più importanti del pop rock troviamo Freddie Mercury con i Queen, i vari Beatles con le loro carriere soliste e Sir Elton John. I Chicago e i Carpenters hanno dato vita al soft rock, con sonorità più leggere e lente. James Brown è stato un pioniere nell’evoluzione della musica gospel e rhythm and blues, nonché del soul, del funk, del rap, e della disco music fin dagli anni ’60. Altri esponenti della disco music nella seconda metà degli anni settanta sono stati gli ABBA, Barry White, i Bee Gees e Donna Summer. Un altro artista che in quegli anni ha vissuto il picco della sua carriera è stato Elvis Presley; il 14 gennaio del 1973 un suo concerto venne trasmesso in mondovisione. Anche Stevie Wonder ha vissuto il periodo più florido della sua carriera nella prima metà degli anni settanta. Michael Jackson, dopo aver fatto parte da bambino del gruppo Jackson Five con i fratelli negli anni ’60, inizia la sua carriera da solita nel 1979 con la sua prima hit “Rock with you”. Trovano spazio anche melodie country come quelle degli Eagles.
L’aspetto caratteristico è che i giovani ascoltavano tutta la musica senza distinzione, passando da brani melodici e canzoni di protesta alla disco music, da sonorità folk e blues all’hard rock, perché ogni genere aveva un esponente in grado di portarlo al massimo livello artistico e ogni situazione richiedeva un genere musicale diverso.
Alle feste i giovani si scatenavano al ritmo di James Brown, Joe Cocker, Stevie Wonder, ballavano lenti al suono della chitarra di Carlos Santana, primo fra tutti Samba Pa Ti, o di Eric Clapton, cantavano in gruppo le canzoni di Neil Young e di Bob Dylan, si lasciavano cullare dalle suggestive note della musica dei Pink Floyd o dei Genesis.
Anche in Italia viene scritta una pagina importante della musica moderna in quel periodo, anche se non raggiunge le vette dei grandi gruppi e cantanti inglesi e americani che dominavano la scena internazionale.

Cantautori come Lucio Battisti, Edoardo Bennato, Claudio Baglioni, Francesco de Gregori, Fabrizio deAndre, Franco Battiato, Antonello Venditti, Sergio Endrigo hanno fatto la storia della nostra musica. Anche gruppi come i Dik Dik, i Pooh, la Premiata Forneria Marconi, il Banco del Mutuo Soccorso, perfino i Cugini di campagna e altre band entravano regolarmente in classifica.
Insomma gli anni ’70 furono senz’altro il decennio più prolifico per la musica, ma anche per il cinema. Vennero prodotti film destinati a fare la storia come il primo Star Wars, Il Padrino, l’Esorcista, Lo Squalo, Rocky, Il Cacciatore e Grease.
In generale, si è trattato di un decennio straordinario, che ha innescato cambiamenti culturali radicali, dalla musica alla letteratura al cinema ma anche nei costumi e nei rapporti sociali e interpersonali.
Brava, come sempre, hai elencato gli eventi ed i protagonisti di quegli anni meravigliosi. Peccato che in campo musicale oggi le cose non vadano altrettanto bene. E non mi dite che sono vecchia, retrograda, antiquata : veramente sono pochi oggi gli artisti che emergono. I più sono imposti dalle case discografiche, dai passaggi continui in tv o radio. Sono pochi che sono veramente ARTISTI come Il VOLO, Zucchero, Giorgia, Ed Sheeran, Lady Gaga, Adele, Celine Delon, Maluma e pochi altri.
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